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Sporche faccende

Il successo è però bilanciato da un impietoso rendiconto a livello degli affetti. Ambizione rima con missione, sono remote le intemperanze torinesi, il gioco si fa duro: assorbito giorno e notte dall'attività, Vittorio trascura i doveri coniugali e Luigia trova soddisfazione fra le braccia di un ex domestico, Carlo Passera, colui che lo spedisce prematuramente agli inferi.

Ma erano davvero questioni di corna, come strombazzarono i giornali di allora e come sentenziarono polizia e tribunale? Il dubbio è legittimo. Via via che emergono i tasselli del complesso puzzle meaniano e si riesce a grattare la spessa coltre di polvere che li ricopre, spuntano infatti scenari inquietanti.
Attorno al Colón s'avvilupparono ingarbugliati conflitti d'interesse scatenati dalla contrapposizione tra esecutivo nazionale e amministrazione municipale. Sporche faccende da gestire di cui Meano si fece carico.

Ancor più verminosa la vicenda del Congresso, a partire dalla chiacchierata scelta del progetto vincitore: è concreto il sospetto che l'architetto italiano venne favorito illecitamente da un potente comitato d'affari. Decisivo fu l'appoggio in commissione giudicatrice di Carlos Pellegrini, ex presidente della Repubblica e influente senatore. Poi c'è lo scandalo dei fondi: il preventivo di spesa iniziale, quasi sei milioni di pesos, lievitò in maniera talmente esagerata (al termine risulterà quintuplicato) da indurre il popolo a battezzare la struttura El Palacio de Oro. Meano, direttore dei lavori, finì sotto accusa: i successivi accertamenti giustificarono l'aumento dei costi ma lo reputarono responsabile, unico capro espiatorio, di leggerezza nell'impiego del denaro, riducendogli l'onorario del 25%, decurtazione che coinvolgeva anche gli emolumenti incassati. Patì terribilmente la sonora batosta, tanto da cadere in depressione, pensare di mollare tutto e temere, lo dice lui stesso in una missiva inviata ai famigliari in patria, «di perdere la calma e la prudenza». Ecco, qui probabilmente sta la reale chiave di lettura dell'intreccio e quindi dell'omicidio: non si può correre il rischio di far cantare uno che sa troppo e scoperchiare un gigantesco pentolone in cui bollono amicizie altolocate e pericolose, tangenti, canaglie, ricatti e vendette.