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In Piemonte

Vittorio è ultimogenito figlio di una famiglia agiata, papà notaio e proprietario terriero. Nato il 2 aprile 1860, rimasto precocemente orfano, frequenta le scuole tecniche: intelligente, vivace, irrequieto, discontinuo, compagnone, generoso e geniale, si diploma geometra nel 1878, premiato miglior allievo del corso. A conferma dell'alone d'incertezza che avvolge l'uomo mancano documenti che attestino il conseguimento della laurea e le testimonianze al riguardo non sono univoche: per alcuni conclude gli studi di architettura, secondo altri s'è solamente iscritto all'ateneo. Le ricerche svolte dagli autori chiariscono anche questo aspetto.

A Torino inizia subito a sgobbare con il fratello maggiore Cesare, affermato ingegnere, ottima palestra in un periodo di feconda espansione urbanistica della città; e a bazzicare assiduamente il café chantant “Piemonte”, dove conosce la sua femme fatale, Luigia Fraschini, che nel locale si esibisce assieme al marito con una combriccola di guitti: la sposerà due anni prima della tragedia dopo una lunga convivenza more uxorio.
L'ambiente sabaudo gli sta stretto, nonostante l'andazzo da bon vivant. E il mestiere lo schiaccia in una vaga malinconia: sogna di passare dal provinciale all'universale.

L'opportunità arriva da Francesco Tamburini, grande architetto marchigiano al soldo del governo argentino, padre della Casa Rosada: in occasione di una visita alla Mole Antonelliana incontra Meano e, conquistato dalle brillanti capacità del giovane, lo esorta a seguirlo per collaborare con lui.
Vittorio abbandona a 24 anni quel punto remoto sulla carta geografica del Vecchio Continente per sbarcare con Luigia, che pianta in asso consorte e un bambino, al di là dell'Atlantico.