Foto di famiglia: Vittorio

Fotografie tratte dall’archivio famigliare del generale Piercorrado Meano,       che ne ha autorizzato la pubblicazione in questo sito.

RITRATTO DI UN INFANTE

Dall’atto di nascita compilato dal sacerdote don Francesco Morelli conservato a Susa nell'Archivio storico diocesano: «L’anno del Signore mille ottocento sessanta ed alli quattro del mese di Aprile ... è stato presentato alla Chiesa un fanciullo ...nato li due del mese di Aprile alle ore una pomeridiana … cui … sono stati imposti li nomi Vittorio Francesco Carlo Battista»

UN CARATTERE DA PIGLIARE, APPALLOTTOLARE E BUTTARE VIA

Insieme alla sorella Virginia

La matrigna racconterà che Vittorio in gioventù era «un ragazzo strano, a volte allegrissimo, quasi euforico, a volte triste, quasi scontroso, spesso comunicativo all’eccesso, poi chiuso in sé, isolato come se il mondo non esistesse e tutti, anche i più cari, fossero creature da dominare».

IL BRUTTO ANATROCCOLO DIVENTA CIGNO

In divisa da collegiale nel convitto di Pinerolo

Si diploma geometra, risultando il migliore studente del suo corso. «Un tale allievo fu onore e vanto di quell’Istituto», dirà di lui il cugino, scrittore e sindaco di Susa Michele Buffa. Niente male per uno che solamente qualche mese prima sembrava spacciato. E che ora, invece,   si appresta a tornare a Torino pieno di speranze, conscio dei propri mezzi e deciso a sfondare.

GIOVINEZZA GIOVINEZZA, CHE SI FUGGE TUTTAVIA...

Vittorio a 20 anni

A Torino inizia a lavorare nello studio professionale del fratello Cesare, ingegnere. Si impegna con profitto ma è pur sempre un ragazzo che non può pensare soltanto al lavoro. La città lo accoglie a braccia aperte, propensa a soddisfare con attrattive assortite la sua brama di divertimento, severamente soffocata negli anni dell’adolescenza.

VITTORIO A BAIRES

 

Instancabile, indefesso, infaticabile. E pure zelante. Il lavoro è la sua fede, principio dominante spirituale e direttivo della missione scelta.

 

Impeccabile abito nero, camicia bianca e farfallino color crema: l’eleganza è una connotazione distintiva del professionista piemontese.

 

È un hombre vertical: uomo tutto d’un pezzo,       che non si piega mai, dritto nelle sue convinzioni, mai domo, sempre pronto a combattere per ciò       in cui crede, capace di essere duro anche con       gli amici, coerente fino in fondo, severo e selettivo nei confronti degli altri esattamente come con sé stesso, dal carattere brusco e scalpitante.

«Sono un poco squilibrato di mente, ho poca materia sana nel cervello e faccio sforzi per non sciuparla inutilmente. Sono appassionato cultore di ideali e sono artista per vocazione benché professi l’arte da dilettante; non sono ambizioso e credo di possedere un criterio abbastanza per giudicare delle cose, specialmente per misurare me stesso. Ma sono fermi i miei propositi, incrollabili le mie risoluzioni e voglio riservarmi l’orgoglio di poter rispondere davanti alla mia coscienza delle mie azioni»: così si descrive Vittorio in una lettera inviata al fratello Cesare nel 1898.

Il valsusino si è compenetrato con scioltezza nel modo di vivere e nella forma mentis del Paese di adozione.           È consapevole che bisogna avere sempre un atteggiamento aperto, positivo; altrimenti stare all’estero diventa un’occasione sprecata, un miraggio, un boomerang.                                                                 Padroneggia il lunfardo, quel pittoresco slang derivante dalla contaminazione della lingua spagnola con parole di svariati idiomi europei.                                                       Ha imparato al volo a barcamenarsi nei criptici meandri della psiche platense, tortuosi e micidiali tornanti qua e là rotti da improvvisi rettilinei catartici: piste viscide da battere, matasse aggrovigliate da dipanare, sabbie mobili da aggirare. Soprattutto, è arrivato a destreggiarsi sapientemente sullo sghembo e sdrucciolevole plafond che sorregge la Nazione: l’Argentina era un Paese che non aveva completamente chiari i limiti tra il pubblico, il semipubblico e il privato.

LA FEMME FATALE

 

 

Vittorio e Luigia